Dopo esserci occupati in un precedente articolo delle motivazioni che possono portare un imprenditore a trasferire la residenza fiscale della società di cui è socio all’estero e i principali aspetti fiscali, ci occupiamo oggi dei criteri di determinazione dell’exit tax e gli aspetti procedurali da tenere in considerazione a tal fine.
Il trasferimento della residenza fiscale di una società all’estero comporta, secondo il nostro ordinamento interno, l’applicazione di un’imposizione in uscita (cd. exit tax).
Come si determina l’exit tax in caso di trasferimento della residenza fiscale di una società all’estero?
Nell’ipotesi in cui una società fiscalmente residente in Italia trasferisca la propria residenza fiscale all’estero, risulta imponibile al 24% la plusvalenza pari alla differenza tra il valore di mercato complessivo e il corrispondente costo fiscalmente riconosciuto delle attività e passività del soggetto che trasferisce la residenza fiscale che non sono confluite nel patrimonio di una stabile organizzazione di tale soggetto situata nel territorio dello Stato.
La plusvalenza così determinata può essere tuttavia ridotta per effetto delle perdite fiscale generate fino all’ultimo periodo d’imposta di residenza in Italia.
In particolare, a norma dell’art 166 co. 6 del TUIR, le eventuali perdite fiscali che si sono generate fino all’ultimo periodo d’imposta di residenza in Italia:
- sono compensate, in primo luogo, con il reddito dell’ultimo periodo d’imposta di residenza in Italia (plusvalenza da trasferimento sede esclusa), in modo integrale e senza il limite dell’80%;
- l’eventuale eccedenza va a riduzione della plusvalenza da trasferimento sede, sempre in modo integrale.
Ai sensi dell’articolo 166 comma 9 del TUIR è prevista la possibilità, per le imprese commerciali che trasferiscono la residenza fiscale in Stati dell’Unione Europea od appartenenti allo Spazio Economico Europeo (SEE), di optare per la rateizzazione dell’exit tax in 5 rate annuali di pari importo.
Esempio di determinazione dell’exit tax
Una società a responsabilità limitata decide di trasferire la residenza fiscale in Russia (Stato non comunitario, né appartenente allo Spazio economico europeo), senza che in Italia permanga una stabile organizzazione.
Ipotizziamo che la società abbia un valore di mercato (comprensivo di avviamento) pari a € 1.000.000 ed un costo fiscalmente riconosciuto delle attività e passività che ammonta ad € 500.000. Inoltre, si ipotizza, che la società, dopo anni di utili, chiuda gli ultimi due periodi d’imposta con una perdita fiscale totale pari a € 200.000.
La differenza tra il valore di mercato e il costo fiscalmente riconosciuto è pari a € 500.000 (1.000.000 – 500.000). Alla plusvalenza così determinata, vanno sottratte le perdite fiscali, ottenendo così una plusvalenza “post scomputo delle perdite” pari a € 300.000.
L’exit tax risulterà essere pari a € 72.000, cioè il 24% di € 300.000.
Di conseguenza, dato che la Russia è uno stato extra-UE, l’exit tax deve essere corrisposta in un’unica soluzione, senza possibilità di optare per la rateizzazione in 5 anni.
Qual è la procedura per trasferire la residenza fiscale di una società all’estero?
La procedura di trasferimento della residenza fiscale della società all’estero prevede le seguenti fasi:
- delibera del trasferimento della residenza fiscale all’estero;
- iscrizione della delibera presso il Registro delle imprese;
- cancellazione della società dal Registro delle imprese italiano.
Per quanto concerne il primo punto, la società deve specificare nell’atto notarile, una volta trasferita la residenza fiscale all’estero, la volontà di essere assoggettati alla regolamentazione del nuovo Stato di residenza, oppure se continuare ad essere assoggettati all’ordinamento italiano.
Se il trasferimento avviene in uno Stato extracomunitario, il Notaio deve verificare la compatibilità della delibera con la normativa dello Stato di destinazione, accertando in particolare che sia ammesso il trasferimento stesso.
Con riferimento al secondo punto occorre effettuare una distinzione tra:
- trasferimento in un Paese UE;
- trasferimento in un Paese extra-UE.
Nel primo caso si dovranno considerare due procedure distinte, in relazione al caso in cui:
- la società decida di rimanere assoggettato all’ordinamento italiano: in questo caso la società dovrà iscrivere la delibera di trasferimento della residenza fiscale presso il Registro delle imprese. Inoltre, rimarrà iscritta presso il Registro delle imprese dell’ultima provincia presso cui era la sede in Italia, e presso quest’ultimo deve continuare ad assolvere gli adempimenti previsti dalla legge italiana (variazioni statutarie, rinnovo delle cariche sociali, ecc.);
- la società decida di assoggettarsi all’ordinamento giuridico estero: in tal caso la società dovrà depositare la delibera presso il Registro delle imprese entro 30 giorni dalla data di trasferimento e, successivamente, dovrà depositare l’attestazione di avvenuta iscrizione presso il Registro delle imprese del Paese di destinazione.
Nel caso in cui il trasferimento si realizzi verso un Paese extra-UE le procedure da seguire sono le stesse indicate per i paesi comunitari, con l’unica differenza che, nel caso in cui la società non intenda mantenere l’assoggettamento all’ordinamento giuridico italiano e lo Stato di destinazione impone la costituzione ex novo della società, il Notaio avvia una normale procedura di scioglimento, conclusa la quale occorre presentare domanda di cancellazione dal Registro delle imprese.
Per quanto riguarda la cancellazione presso il Registro delle imprese, lo Studio del Consiglio Nazionale del Notariato del 13.1.2016 n. 283/2015/I ha confermato le impostazioni sopra descritte, precisando che, solo dopo che la società è stata iscritta nel Registro delle imprese nello Stato di destinazione è possibile richiedere la cancellazione dal Registro delle imprese italiano.
Si ringrazia il Dottor Daniel Destro per la preziosa collaborazione nella redazione del presente articolo.