Con la nota tecnica “Modifiche alla tassazione delle persone fisiche non domiciliate nel Regno Unito” pubblicata il 7 marzo 2024, il Ministero del Tesoro inglese ha annunciato, l’addio – a partire dal 6 aprile 2025 – al regime dei Resident non-domiciled e, con esso, anche il concetto di domicilio e il criterio della Remittance basis. Al suo posto un rinnovato regime fiscale favorevole per gli individui che rientrano nel Regno Unito basato sulla residenza fiscale.
Nei paragrafi che seguono, senza pretesa di esaustività, approfondiremo cosa è stato deliberato dal governo britannico e quale potrebbe essere realisticamente un percorso alternativo.
Il regime Res non dom UK
Il regime dei Resident non-domiciled nel Regno Unito è un sistema fiscale che offre vantaggi fiscali a individui residenti nel Regno Unito, ma domiciliati in un’altra giurisdizione. Questo regime consente a tali individui di evitare di pagare imposte sul reddito e sulle plusvalenze estere, a condizione che questi redditi e plusvalenze non vengano rimessi nel Regno Unito; in caso contrario, sconterebbero un’imposizione fiscale in base al criterio della cd “Remittance Basis”, cioè un’imposta forfettaria (nominata Remittance Basis Charge – RBC) e su richiesta del contribuente, fissata a 30.000 sterline per i non-domiciled da almeno 7 anni negli ultimi 9 periodi d’imposta, che sale a 60.000 sterline se il contribuente risiede da almeno 12 anni negli ultimi 14 periodi d’imposta.
La regola in esame si basa sul concetto di “domicilio fiscale“, che è diverso dalla residenza legale o fisica: mentre la residenza fisica si riferisce al luogo in cui una persona vive, il domicilio fiscale si riferisce al luogo che una persona considera la sua dimora permanente o il suo “centro di interessi vitali”.
Il regime dei Resident non-domiciled inglese è stato oggetto di revisione e modifica negli anni, con cambiamenti alle regole fiscali per renderle più rigorose e aumentare le entrate fiscali dal 2017, limitando a 15 anni la concessione delle agevolazioni fiscali agli individui che possono beneficiare del regime in rassegna, superati i quali, vengono, iuris et de iure, considerati residenti e in quanto tali sottoposti alla worldwide taxation principle.
Si tratta, dunque, di un sistema di tassazione che tende a colpire i redditi prodotti in loco e, ove attivata la relativa opzione (la Remittance Basis), i redditi prodotti altrove ma impatriati nello stato impositore.
Cosa cambierà dal 2025?
Da aprile 2025, il regime de quo verrà sostituito con il “Regime FIG”: un test basato sulla residenza della durata massima di quattro periodi d’imposta, destinato sia a coloro che non sono stati residenti nel Regno Unito nei dieci anni fiscali precedenti la sua entrata in vigore, sia agli individui fiscalmente residenti per meno di quattro anni entro aprile 2025 (dopo 10 anni di residenza fiscale fuori dal Regno Unito), i quali, potranno utilizzare il nuovo regime per la restante parte del quadriennio. Terminati i quattro anni, i contribuenti vedranno i loro utili e redditi tassati con le aliquote ordinarie previste a livello mondiale.
In più precisi termini, a detto regime si accede mediante richiesta annuale presentata dal contribuente per ciascun periodo d’imposta nell’arco del quadriennio, che perderà il diritto alle indennità personali e all’importo di esenzione annuale dall’imposta sulle plusvalenze per quell’anno. Gli individui qualificati non pagheranno le imposte sulla FIG nei primi 4 anni dopo essere diventati residenti fiscali nel Regno Unito e potranno rimettere queste risorse senza alcun costo aggiuntivo e senza versare neppure le imposte sulle distribuzioni di trust non residenti. Pagheranno solamente le imposte sui redditi e utili del Regno Unito, come già avviene per le persone non domiciliate. Pare, altresì, essere un’adesione flessibile in quanto è prevista la possibilità per l’individuo che lascia temporaneamente la terra britannica, ad esempio, per due periodi d’imposta dei quattro disponibili, una volta rientrato, potrà comunque usufruire del Regime FIG per il periodo rimanente.
Con particolare riferimento, invece, ai Trust non residenti, viene prescritto che la protezione dalla tassazione sui redditi e sugli utili futuri che si presentano all’interno delle strutture fiduciarie sarà rimossa per tutti gli individui non domiciliati e per i domiciliati ma che non hanno i requisiti per beneficiare del nuovo regime FIG. Questi, dal 6 aprile 2025, verranno tassati sul disponente o cedente se residente in UK da più di 4 anni fiscali, analogamente a quanto già previsto dall’attuale sistema. Le distribuzioni di trust non verranno più gestite con il criterio della base della rimessa ma i beneficiari che rientrano nel nuovo regime potranno usufruirne con esenzione da qualsiasi onere fiscale. Siffatti vantaggi, però, non saranno abbinati ai redditi fiduciari ma assoggettati a una regola di donazione modificata.
Infine, sono previste delle disposizioni transitorie per coordinare il passaggio dal regime della rimessa a quello FIG, in particolare:
- i contribuenti che cambieranno regime fiscale nel periodo d’imposta 2025-2026 saranno tassati solo per il 50% del loro reddito estero;
- colori i quali hanno già richiesto di essere tassati con il criterio della Remittance basis, possono portare nel Regno Unito utili e redditi esteri in precedenza non rimessi e saranno tassati con un’aliquota ridotta del 12% per due periodi d’imposta a partire dal 6 aprile 2025. È la cd “Struttura del rimpatrio temporaneo”.
Possibili alternative al res non dom UK
Chiarito il passato ed il futuro prevedibile delle modalità di tassazione delle persone fisiche non domiciliate nel Regno Unito, per quanto di interesse ai fini del presente scritto, è bene accertare se la flat tax 100.000 euro italiana, potrebbe essere alternativamente applicabile.
Introdotta dalla Legge di Bilancio 2017 e recata dall’art.24-bis del TUIR, compendia un regime di imposizione sostitutiva dell’IRPEF e relative addizionali sui redditi prodotti all’estero, accessibile alle persone fisiche e, su richiesta i loro famigliari (cui all’art.433 c.c.), che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia (ex art.2 c.2 TUIR) ovvero non sono state fiscalmente residenti in Italia (sempre a norma dell’art.2 c.2 TUIR) per almeno nove periodi d’imposta dei dieci precedenti l’inizio dell’efficacia del regime opzionale. L’agevolazione opera anche nei casi in cui i soggetti si siano trasferiti in Stati o territori a fiscalità privilegiata, a norma del’art.2 c.2-bis del TUIR.
Sono da considerarsi redditi prodotti all’estero:
- i redditi fondiari derivanti da terreni e fabbricati situati all’estero;
- i redditi di capitale corrisposti da Stati esteri o da soggetti non residenti;
- i redditi di lavoro dipendente prestato all’estero;
- i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate all’estero;
- i redditi d’impresa derivanti da attività svolte da stabili organizzazioni all’estero;
- le plusvalenze conseguite per effetto della cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti;
- i redditi diversi derivanti da attività svolte all’estero e da beni che si trovano all’estero;
- i redditi d’impresa prodotti all’estero in assenza di stabile organizzazione;
- gli interessi dei conti correnti bancari e postali;
- le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate in società quotate;
- gli utili e le plusvalenze derivanti da partecipazioni in società residenti in uno Stato a regime fiscale privilegiato (in qual caso, non sussiste l’obbligo di segnalazione in dichiarazione previsto dagli artt. 47 c.4 e 68 c. 4 del TUIR);
- i redditi posseduti per interposta persona e derivanti dal possesso di liquidità o proprietà immobiliari.
L’operatività del regime opzionale in rassegna non è compatibile con la disciplina delle Controlled Foreign Companies ex art.167 del TUIR, di talché, i redditi realizzati dalla controllata estera non vengono tassati per trasparenza in capo al socio di maggioranza, che, pertanto, non sarà tenuto a redigere il quadro FC del modello Redditi PF., né a segnalare la partecipazione estera in dichiarazione dei redditi.
Al contrario, restano esclusi dall’agevolazione le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate (art. 67 c.1 lett. c) TUIR), realizzate nei primi cinque periodi d’imposta di validità dell’opzione, che rimangono soggette al regime ordinario di imposizione di cui all’art. 68 c.3 del TUIR. Se il contribuente ha optato per il regime opzionale a partire dal secondo periodo d’imposta di residenza fiscale, si rende necessario considerare anche il primo anno di residenza in Italia ai fini della decorrenza del predetto quinquennio.
Il regime in esame è attivabile tramite presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale si è perfezionato il trasferimento della residenza fiscale in Italia ovvero a quello immediatamente successivo; ivi si applica un’imposta sostitutiva dell’IRPEF (comprese le addizionali locali) determinata a forfait (i.e. indipendentemente dal reddito generato) pari ad Euro 100.000 (che scende ad Euro 25.000 per ciascuno dei familiari interessati) per ogni periodo d’imposta di validità dell’opzione, da versare in un’unica tranche entro il termine previsto per il versamento del saldo delle imposte sui redditi (30 giugno) tramite il modello F24 ELIDE (codice tributo “NRPP”).
Nel corso del periodo di operatività dell’opzione fiscale, il contribuente (e i suoi famigliari) sono esonerati dalla compilazione del quadro RW – ad esclusione delle partecipazioni qualificate – e dal versamento dell’Imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE) e dell’Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE).
L’agevolazione opera per un massimo di quindici periodi d’imposta, senza possibilità di rinnovo ed è revocabile, anche limitatamente ad uno o più familiari coinvolti.
Tra le cause di cessazione o decadenza rientrano:
- decorso del periodo di validità;
- omesso o insufficiente versamento, totale o parziale, dell’imposta sostitutiva (senza, però, intaccare i periodi precedenti);
- trasferimento della residenza fiscali in Stato o territorio diverso dall’Italia (con decorrenza degli effetti dal momento in cui si realizza il trasferimento).
L’esercizio dell’opzione è ammissibile anche qualora non sia ancora pervenuto riscontro da parte dell’Agenzia delle Entrate e si intende rinnovata tacitamente di anno in anno, salvo l’avverarsi di una delle ipotesi di cessazione, revoca o decadenza.
Si precisa, infine, che gli effetti dell’agevolazione in commento non sono cumulabili con gli incentivi previsti per il rientro in Italia dei ricercatori residenti all’esterno (cui all’art.44 DL n.78/2010) e dei lavoratori impatriati (cui all’art.16 D.Lgs. n.147/2015) ma non è esclusa la facoltà di beneficiare dei detti regimi in periodi d’imposta differenti.
Considerazioni conclusive
La flat tax italiana e il regime UK RND sono due sistemi fiscali con obiettivi e caratteristiche similari: entrambi si propongono di offrire vantaggi fiscali a individui residenti nel territorio dello Stato, tassando in maniera forfettaria i redditi realizzati all’esterno.
L’obiettivo del presente scritto non è quello di stabilire quale regime sia migliore dell’altro perché presentano taluni punti di differenziazione e, soprattutto, trovano applicazione in contesti socioeconomici differenti, quanto piuttosto quello di tentare di constatare la convenienza della flax tax italiana rispetto al sistema della base della rimessa quantunque nella sua prospettata riformulazione. Prima di dare una risposta è doveroso premettere che, a parere di chi scrive, un regime opposto a quello progressivo per quanto possa cercare di fungere da attrattiva per le persone fisiche con notevoli ricchezze personali, tende comunque ad avere effetti poco positivi sulla distribuzione del reddito e sull’equità fiscale, rischiando addirittura di divenire anticostituzionale. Ricordiamo che l’art.53 della Costituzione impronta il nostro ordinamento tributario sul concetto di capacità contributiva che è ancorato al valore e al volume del reddito generato e del patrimonio detenuto del contribuente. Si deve però aggiungere che il contesto attuale della fiscalità nazionale si sta muovendo verso soluzioni di adempimento più “soft” e collaborative, come quella introdotta nell’ambito del concordato preventivo biennale (per approfondimenti si rimanda all’articolo “Il Concordato preventivo biennale: un’ipotesi di tassazione forfettaria, collaborativa e previsionale“) che prevede un sistema di tassazione ridotta che dovrebbe dare, idealmente, la possibilità di ampliare la cerchia di soggetti passivi – non neo residenti – da assoggetta ad un’aliquota forfettaria, indipendentemente dal reddito generato e dal patrimonio posseduto.
Bisogna considerare che lo scopo principale del regime res non dom, anche nella sua nuova configurazione che sembrerebbe destinata ad entrare in vigore ad aprile 2025 è quello di incentivare gli investimenti e il trasferimento di capitali nel Regno Unito, nonché ad attrarre individui ad alto reddito e patrimonio a stabilirsi e investire nel Paese; sia pure a discapito, anche qui, della progressività del sistema fiscale. In quest’ottica, da una prima analisi, si potrebbe dire che la flat tax italiana potrebbe costituire una valida alternativa al regime fiscale inglese in quanto acconsentirebbe ugualmente il raggiungimento del suo obiettivo di fondo, sia pure con una imposizione fissa di Euro 100.000 ma con un più esteso arco temporale di efficacia dell’opzione (15 periodi d’imposta).
Un ringraziamento particolare a Giuseppe Costantino, Audit Analyst di Deloitte Italia, per la preziosa collaborazione nella redazione del presente articolo.