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Come sancito dall’art.53 della Costituzione, “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

Non è certo una novità, ma nei limiti di quanto promosso dal Consiglio dei Ministri lo scorso 11 novembre 2023, nell’ambito dello schema di riforma fiscale, circa l’ipotesi di introdurre una nuova modalità di tassazione forfettaria, collaborativa e previsionale  denominata Concordato preventivo biennale (di seguito anche “CPB”).

Di cosa si tratta?

Il Decreto Legislativo n.111/2023, approvato, in esame preliminare, dal Consiglio dei Ministri e tramesso alle camere per l’approvazione finale intende introdurre nuove disposizioni in materia di accertamento tributario e di concordato preventivo biennale. In particolare, questo nuovo istituto propone una forma di prelievo fiscale concordata e condivisa con il Fisco valida per due periodi di imposta sulla base di una proposta avanzata a ciascun contribuente dall’Agenzia delle Entrate.

Come si legge all’art.17 della bozza di decreto i destinatari sono i “contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo, residenti nel territorio dello Stato”, per i quali si applicano gli Indici sintetici di affidabilità fiscale (di seguito anche “ISA”) e i contribuenti forfetari di cui alla Legge n.190 del 2014. Ne consegue che, nel silenzio della pronuncia ministeriale, resterebbero esclusi dall’applicazione dello strumento de qua i soggetti a cui non sono applicabili né gli ISA né il regime forfetario e non considerati “contribuenti minori”.

Nello specifico, i requisiti che il contribuente ISA o forfettario deve rispettare per poter beneficiare dello strumento in esame sono:

  • aver conseguito un punteggio di affidabilità pari almeno a 8 (condizione non applicabile per i forfettari);
  • non avere debiti derivanti da tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate o da contributi previdenziali definitivamente accertati d’importo complessivamente pari o superiore a Euro 5.000 ovvero, se posseduti, averli estinti entro il termine fissato per l’accettazione della proposta di concordato.

Resteranno tuttavia esclusi ovvero, se ammessi, decadono dal beneficio coloro che:

  • non abbiano presentato la dichiarazione dei redditi relativa ad almeno uno dei tre periodi di imposta anteriori cui il concordato si riferisce;
  • siano stati condannati ad uno dei reati tributari previsti dal D.lgs. 74 del 2000 o per i reati di false comunicazioni sociali, riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita commessi negli ultimi tre periodi di imposta precedenti a quelli di riferimento dell’accordo di CPB;
  • abbiano iniziato l’attività nel periodo d’imposta precedente a quello di applicazione del concordato (applicabile solo ai contribuenti forfettari);
  • abbiano dichiarato ai fini ISA dati non corrispondenti a quanto comunicato dal contribuente nella fase di stesura della proposta, tale da risultare un reddito inferiore o un valore netto di produzione oggetto del concordato ridotto di oltre il 30%;
  • non abbiamo presentato la dichiarazione dei redditi o di sostituto d’imposta o dell’IVA per gli anni inclusi nel concordato;
  • abbiano commesso infrazioni relative all’invio telematico dei corrispettivi o alla emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali e documenti di trasporto, contestate e commesse in almeno tre occasioni nei periodi di riferimento del concordato;
  • si siano sottratti all’ispezione e alla verifica di documenti contabili obbligatori o di altri documenti, anche se non obbligatori, di cui sia certa l’esistenza, relativi agli anni cui il concordato si riferisce;
  • non abbiano installato o abbiano manomesso le apparecchiature dedicate all’emissione degli scontrini fiscali ovvero i registratori telematici nel corso dei periodi oggetto dell’accordo di concordato.

Si precisa che talune cause di decadenza non operano se il contribuente si ravvede, rettificando le violazioni commesse; a condizione che l’infrazione non sia già stata accertata e non abbiano avuto inizio accessi, ispezioni o verifiche da parte delle Autorità competenti.

Pertanto, considerato l’operare di variegate cause di decadenza sarà indispensabile prestare particolare attenzione nella compilazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta precedente a quello di competenza del CPB prima e nell’accettazione della proposta poi, tenuto conto che dette decadenze coinvolgono entrambi i periodi di imposta, indipendentemente dal momento in cui si sia verificata l’infrazione.

Come viene determinato il reddito forfetario?

La logica del CPB pare essere informata a secondo quanto segue: l’Agenzia delle Entrare formulerà una proposta biennale, entro 5 giorni successivi alla comunicazione assolta dal singolo contribuente, contenente la determinazione della base imponibile ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi (IRES e IRPEF) e sulle attività produttive (IRAP), restando esclusa l’IVA, sulla base dei dati comunicati dal contribuente (entro 10 giorni dal termine di scadenza del versamento a saldo delle imposte dirette, cioè il 30 giugno; si prevede il posticipo di un mese per il primo anno di applicazione del concordato) e sulle altre informazioni già in possesso dell’Amministrazione Finanziaria, considerando altresì le peculiarità delle attività economiche, i trend del mercato e l’impiego di processi decisionali automatizzati.

La proposta accettata dal contribuente (perentoriamente e a pena di decadenza, entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi) non lo esonera dall’adempimento degli obblighi contabili, dichiarativi e informativi circa la presentazione dei dati tramite i modelli per l’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale e quelli specifici per il contribuente forfettario (come stabilito dagli art. 54 e 89 L.190/2014).

Il contribuente che aderisce all’accordo dovrà dichiarare gli importi concordati nelle dichiarazioni dei redditi e dell’IRAP relative ai periodi d’imposta soggetti al concordato. In generale, eventuali variazioni (in aumento o in diminuzione) nei redditi effettivi rispetto a quelli concordati non avranno impatti sui redditi, IRAP e contributi previdenziali.

Tuttavia, per la concessione di benefici o per la determinazione delle deduzioni e detrazioni, sia richiesto il possesso di requisiti reddituali, sarà necessario considerare il reddito effettivo anziché quello concordato. Allo stesso modo, il reddito effettivo avrà rilevanza per la determinazione dell’ISEE del contribuente in concordato preventivo biennale.

Se, da un lato, questa nuova impostazione potrebbe sembrare superflua, dovendo comunque il contribuente assolvere agli obblighi di tenuta della contabilità e dichiarativi ordinari; dall’altro, appare foriera di vantaggi con riflessi sulla preventivazione organizzativa dell’attività d’impresa, sapendo già il contribuente quale sarà il prelievo fiscale a cui sarà sottoposto nei successivi due esercizi.

Inoltre, la mozione prevede che i contribuenti che adottano il regime concordatario beneficeranno di termini più lunghi per effettuare i pagamenti relativi all’acconto e al saldo, e che, per i periodi di imposta coperti dal concordato, gli accertamenti saranno limitati alle situazioni in cui dall’attività istruttoria dell’Amministrazione Finanziaria (Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) emergano cause di decadenza e l’attività di controllo della stessa concentrerà il focus nei confronti dei soggetti non aderenti all’accordo o di chi ne sia decaduto.

Qual è lo scopo del Legislatore?

Lo scopo del Legislatore è quello di enfatizzare una forma di accertamento collaborativo che dia una prospettiva sistematica al rapporto Fisco-Contribuente, a beneficio di entrambi: il primo potendo contare su entrate certe deputate a garantire maggiore stabilità ai conti pubblici; il secondo beneficerebbe della prevedibile uscita fiscale quale ausilio, di non poco conto a parere di chi scrive, alla programmazione dell’iniziativa imprenditoriale. Questo approccio prospettico del Legislatore fiscale pare ricalcare pedissequamente un concetto cardine della recentissima riforma organica che ha dato origine al nuovo Codice della Crisi: dotare l’impresa di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile e adottare un approccio alla gestione della compagine aziendale di tipo forward looking, all’interno del quale, il piano previsionale (nel quale, rientra anche un’adeguata pianificazione fiscale) assume un ruolo cadine.

È davvero una novità?

Questa ipotesi di cooperative compliance, invero, non costituisce un’assoluta novità nel nostro ordinamento per due ordini di fattori.

Il primo si riferisce alla possibilità, già nel 2003, introdotta con la Legge n. 269, di stipulare un accordo con il Fisco, limitatamente ai periodi d’imposta 2003 e 2004, ed anche ai fini dell’IVA, accessibile su base volontaria poiché comportava, per il 2003, un automatico aumento dei dati dichiarati per il 2001, e per il 2004, un incremento rispetto al 2003. Tuttavia, nonostante prevedesse un trattamento fisale agevolato basato sull’aumento del reddito dichiarato per gli anni 2003 e 2004 rispetto a quello del 2001 non ha riscosso l’interesse sperato dei contribuenti e fu scartata. La formulazione attuale tenta di superare dette criticità non essendo previsto alcun incremento automatico della base imponibile ma l’Agenzia delle Entrate propone al contribuente una base imponibile “fissa” e negoziabile (in quanto sottoposta all’accettazione del contribuente nelle forme del contraddittorio) per due periodi d’imposta. Non viene contemplata alcuna tassazione agevolata sebbene l’unico vantaggio prescritto sembrerebbe essere ricondotto alla sola irrilevanza ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP nonché dei contributi previdenziali obbligatori di eventuali maggiori o minori redditi imponibili rispetto a quelli oggetto del concordato, fermi restando gli obblighi contabili e dichiarativi.

Il secondo, invece, si riferisce a una modalità di tassazione a forfait già prevista dall’ordinamento tributario attuale, il cd. regime dei neo-residenti (a norma dell’art.24 bis del TUIR), che sottopone i redditi provenienti dall’estero a un’imposta sostitutiva forfettaria di 100.000 euro.

Questa impostazione, volgendo l’attenzione al panorama fiscale internazionale, ricalca, tra gli altri, – solo per citarne un paio – il “regime del dispendio” svizzero [(art.14 LIFD; RS 642.11); (13 LT-TI; RS 640.100); (LAID; RS 642.14)] e la “Remittance Basis Charge – RBC” prevista nel Regno Unito per i cd. resident non domiciled (di seguito anche UK RND).

La tassazione secondo il dispendio prevede come criterio per la determinazione della base imponibile non già i redditi prodotti bensì le spese attinenti al tenore di vita (il dispendio, appunto) del contribuente rispettoso di determinati requisiti soggettivi (es. non possedere la cittadinanza svizzera, essere soggetto a tassazione illimitata in Svizzera per la prima volta o dopo un intervallo di dieci anni, non svolgere un’attività lucrativa nel territorio elvetico). Nel precisare che il dispendio imponibile non può essere inferiore a 400.000 franchi svizzeri, statuisce altresì che esistono quattro grandezze “di referenza” prese come base per il calcolo del dispendio tassabile (che non approfondirò qui) e un metodo di controllo previsto dalla legge. L’imposta dovuta sarà quella più elevata restituita dal metodo principale ovvero da quello di controllo.

Il regime dei UK RND, invece, per quanto d’interesse in questa sede, prescrive che l’individuo che risulta residente ai fini fiscali ma non domiciliato nel Regno Unito per almeno sette anni negli ultimi nove periodi di imposta viene assoggettato ad una tassa forfettaria pari a 30.000 sterline; 60.000 sterline se il contribuente risulta residente e non domiciliato per almeno dodici anni negli ultimi quattordici periodi d’imposta. Il regime in parola è stato recentemente modificato, introducendo un limite di applicabilità temporale di 15 anni, superati i quali, i residenti verranno considerati anche domiciliati (iuris et de iure) e quindi sottoposti al principio di tassazione su base mondiale.

Tali regimi hanno lo scopo sostanziale di detassare i redditi provenienti dell’esterno, propri di quei soggetti residenti fiscalmente nel territorio dello stato impositore e fungono da attrattiva soprattutto per le persone fisiche con notevoli ricchezze personali.

Conclusione

In conclusione, questo scritto ha posto l’attenzione sulle modalità di determinazione forfettaria dell’imposta da pagare, con le quali si tende a dilatare la cerchia dei contribuenti la cui situazione economica rischia di sfuggire, totalmente o parzialmente, dai radar delle Autorità fiscali.

È anche questa la logica sottesa all’introduzione del nuovo Concordato preventivo biennale che vuole cercare, almeno nelle idee, di sensibilizzare il contribuente mediante un dialogo interattivo con il Fisco.

Sulla convenienza o meno dello strumento proposto è ancora presto per esprimersi, la bozza di decreto legislativo non fornisce indicazioni circa la sua effettiva entrata in vigore, per la quale, occorrerà, attendere la pubblicazione delle modalità e dei dati che il contribuente dovrà comunicare da parte dell’Agenzia delle Entrare, un decreto del Ministero delle Economie e delle Finanze che chiarirà il metodo per il calcolo dei redditi concordati e, eventualmente, il parere del Garante per la protezione dei dati personali.

 

Un ringraziamento particolare a Giuseppe Costantino, Audit Analyst di Deloitte Italia, per la preziosa collaborazione nella redazione del presente articolo.

 

Pietro Cumpostu

Dottore Commercialista e Revisore Legale dei Conti si occupa prevalentemente di consulenza fiscale nazionale ed internazionale, Transfer Pricing, riorganizzazioni societarie e operazioni straordinarie.

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